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Mors tua vita mea...
nello sport
(lat. «la tua morte è la mia vita»). – Sentenza applicata a vari casi particolari per significare che il danno di una persona è spesso un vantaggio per un’altra, o enunciata in senso più ampio, con allusione alle dure leggi della vita e alla lotta per l’esistenza.
(Treccani)
Applicata ad un gioco significa; ottenere il miglior risultato possibile con la propria azione a discapito dell'avversario. E' un modo per descrivere come sia necessario occuparsi di se stessi e, in uno sport di squadra, dei propri compagni/e. Lo sport di per se è un surrogato della vita: vittorie, sconfitte, interazioni, contrasti, amicizie ecc. compongono un insieme dove chi ha la miglior capacità di adattamento e di trovare soluzioni ai problemi, risulta essere vincente il più delle volte. Il “successo” in un ambiente dove discordia, lamentele, disorganizzazione, mancanza di regole e di obiettivi. Dove invece che collaborazione c'è chiusura, invasione di ruoli, mancanza di rispetto delle priorità, esso viene a meno ed invece di creare si distrugge.
Praticare sport come atleta o come allenatore/dirigente, non può prescindere da principi di etica, di “coscienza cosmica” e per essa intendo la capacità di sentirsi come un essere parte dell'insieme, che è in contatto con tutto l'inseme e che riceve i movimenti e le vibrazioni di tutti gli altri. La crescita personale è fondamentale per essere sempre la miglior parte di sé e del ruolo che si ricopre per metterla a disposizione dell'insieme. Lo sport può essere magia ed è una grande opportunità di crescita personale sia a livello fisico che mentale e riuscire ad andare oltre all'obiettivo della vittoria e focalizzarsi sul “vivere bene” questa esperienza, fa si che poi i risultati arrivino come sincronizzazione di un lavoro ben fatto.
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Riflessioni…
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