Vittorio Porzio

E buona sera oggi vi parlo un po del mio quartiere delle vele che sono state create 1962-1975 costruite dal architetto F.d

2019-04-01 17:31:49

I primi anniModificaNate a seguito della legge 167 del 1962, le sette vele di Scampia (progettate dall'architetto Franz Di Salvo)[1] facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute che prevedeva anche uno sviluppo della cittĂ  di Napoli nella zona est, ossia Ponticelli. Esse restano, nono

Vele

, nonostante tutto, l'opera realizzata che meglio rappresenta la poetica architettonica del progettista.[1] L'esordio di Di Salvo nell'ambito della progettazione per l'edilizia economica e popolare risale al 1945 con la realizzazione, in collaborazione con altri architetti, del Rione Cesare Battisti a Poggioreale, che rappresentò all'epoca il paradigma di una «nuova maniera di pensare» la residenza sociale.[1] Dopo anni di continue sperimentazioni progettuali, si vide affidare dalla Cassa del Mezzogiorno l'incarico di realizzare a Scampìa un grande complesso residenziale.[2]


Ispirandosi ai princìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier, alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange e più in generale ai modelli macrostrutturali,[3] Di Salvo articolò l'impianto del rione su due tipi edilizi: a «torre» e a «tenda». Quest'ultimo tipo, che imprime l'immagine predominante del complesso delle Vele, è contraddistinto (in sezione) dall'accostamento di due corpi di fabbrica lamellari inclinati, separati da un grande vuoto centrale attraversato dai lunghi ballatoi sospesi ad un'altezza intermedia rispetto alle quote degli alloggi. Erano inoltre previsti centri sociali, uno spazio di gioco ed altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del fallimento.[4]


Se da un lato alcuni, sostenitori del brutalismo, affermano che la qualità tecnica ed estetica delle Vele possa essere quantomeno apprezzabile, resta innegabile la «inabitabilità» delle stesse, anche per ragioni che vanno al di là dell'architettura.[5]


L'area in cui le Vele sorsero ricadeva in due lotti contigui, separati da uno dei rami del reticolo viario (l'intero territorio di Scampia fu diviso in vari lotti da edificare). Nel lotto M furono costruite quattro Vele, indicate alfabeticamente con le lettere A, B, C, D. Nel lotto L furono costruite le restanti tre, indicate dalle lettere F, G e H. Accanto alla classificazione alfabetica se ne aggiunse, alle vele rimaste in piedi dopo il 2003, una cromatica cosicché ogni Vela venne denominata da parte della popolazione del quartiere attraverso un colore: vela rossa, vela celeste, vela gialla, vela verde.


Le vele oggi    

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Scorcio di una vela, nel 2015

Le vele di Scampia versano in un grave stato di degrado.[6]


L'idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele; una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che oggi viene definito un ghetto, in primis il terremoto dell'Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, ad occupare più o meno abusivamente gli alloggi delle vele.[7]


A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale di presidi dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato solo nel 1987, a quindici anni dalla consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. I giardini sono divenuti luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.


Tra il 1997 e il 2003 sono state abbattute tre delle sette strutture iniziali, lasciando in piedi le restanti quattro strutture.[8] La decisione di agire su una situazione di forte degrado fu presa sul finire degli anni ottanta, sostenuta e ventilata dalla popolazione che denunciava le gravi condizioni delle Vele. La prima a cadere fu la Vela F, demolita con le ruspe nell'agosto 1998, dopo un primo tentativo con esplo

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esplosivi fallito nel dicembre 1997 (ne cadde solo una parte, lasciando i piani più alti praticamente intatti e in bilico sulle macerie sottostanti). La seconda fu la Vela G, la cui demolizione fu eseguita nel febbraio 2000.[9] La Vela H, inizialmente esclusa dalle demolizioni in quanto da riqualificare e rifunzionalizzare, verrà invece anch'essa abbattuta, nell'aprile 2003.[10] I primi due interventi furono eseguiti e coordinati dalla giunta comunale guidata dal sindaco Antonio Bassolino, il terzo da quella presieduta da Rosa Russo Iervolino.

Il 29 agosto 2016 una delibera comunale ha previsto l'abbattimento di tre vele e la riqualificazione della quarta, la vela azzurra. Il Comune ha inviato il progetto al governo per ottenerne l'approvazione per lo stanziamento di diciotto milioni di euro, fondi necessari per procedere con l'intervento.[11] Il 3 marzo 2017 è stata ufficializzata dal sindaco Luigi de Magistris l'approvazione dello stanziamento dei finanziamenti necessari per la demolizione di tre delle quattro vele rimanenti. Nel 2019 Il Comune ha lanciato il nuovo step di Restart Scampia, il progetto finanziato con 27 milioni di euro che prevede l'abbattimento di tre vele e la riqualificazione del quartiere, ristrutturando la vela celeste, che ospiterà gli uffici della Città Metropolitana, ovvero l'ex Provincia di Napoli.

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