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Ramses III: la congiura dell'harem

2019-08-20 17:46:42

L'assassinio del Faraone Ramses III, il giallo risolto

Il Faraone Ramses III, della XX dinastia, era nato nella città di Tebe nel 1218 a.C.

Fu probabilmente il più grande sovrano della sua dinastia, ma dovette affrontare innumerevoli avversità e pericoli durante il suo regno, e le vicende che portarono alla sua fine prematura, e che ne seguirono, sono degne del miglior copione per un thriller storico ricco di intrighi, suspance e giochi potere.

Ramses III salì al trono nel marzo del 1186 a.C. ma fu nel 8° anno del suo regno che dovette affrontare l'invasione dei ''Popoli del Mare'' che, in quella tarda Età del bronzo, si abbatterono sull'Egitto.

I Shardana (antica popolazione della Sardegna), i Pelasgi (di origine micenea), gli Akawasa (Achei), i Teres (forse gli stessi Etruschi), con altre popolazioni ancora, avevano formato una lega, che aveva già sconfitto gli Hittiti, prima di avventarsi sul Regno dei Faraoni.

Ma Ramses III dimostrò doti di grande comandante militare, sconfiggendo i ''Popoli del Mare'' sia sulla terraferma fermandoli nel Sinai, che annientandone la flotta sul delta del Nilo. In seguito a queste vicende il Faraone riformò profondamente l'esercito, e affrontò un'altra invasione di tribù libiche sui confini occidentali. Inoltre, restaurò il potere dell'Egitto sulle regioni mediorientali, ritornando a riscuotere tributi, per riportare il regno agli antichi splendori.

Ma molti altri avvenimenti, anche curiosi, sulla vita di Ramses III, sono arrivati fino a noi anche grazie al ''Papiro Harris I'' fatto scrivere da Ramses IV per commemorare le imprese del padre. Tra queste vicende troviamo la testimonianza del primo sciopero della storia, fatto dagli artigiani e dagli operai che erano preposti alla costruzione e al mantenimento dei monumenti, e a cui non erano giunti i rifornimenti di cibo, forse anche a causa della più grande eruzione della storia del vulcano Islandese Hekla, che oscurò i cieli, mandando in crisi l'agricoltura di quasi tutto il globo per decenni.

Ma quello che è giunto fino a noi come il ''Papiro della rivolta dell'harem'', che è custodito al Museo Egizio di Torino, e che riporta il processo ai congiurati che ordirono l'assassinio del Faraone, è quello sui ci ci focalizzeremo ora.

Dal papiro sopraccitato sappiamo che la macchinatrice della congiura fu la sposa secondaria di Ramses III, la Regina Tiye, che voleva porre sul trono suo figlio Pentaur, a discapito del legittimo erede Ramses IV, figlio invece della sposa principale del Faraone.

Il complotto scoppiò nell'aprile del 1155 a.C. e coinvolse un incredibile numero di alti dignitari della corte di Ramses III. Tra di essi, oltre ovviamente a Tiye e Pentaur, c'erano lo stesso maggiordomo del Re, Pebekkamen, il comandante in capo dell'esercito di Nubia, un araldo reale, due importanti scribi del Faraone, due alti ufficiali delle truppe egiziane, i due più insigni Tesorieri, nonché altri sette alti funzionari, e sei concubine reali.

Nel documento si attestano ben tre procedimenti penali avviati in seguito alla congiura, con ben 38 condannati a morte, tra i quali, ai personaggi di più alto rango,

fu data la possibilità di scegliere il suicidio, invece dell'esecuzione terribile di essere arsi vivi, con le proprie ceneri sparse ai quattro venti.

Questi intrighi erano nati in un contesto di declino e decadenza del Regno, nonostante la figura di Ramses III fosse stata forte e capace.

Ma le avversità che si erano avventate sull'Egitto avevano logorato l'autorità del Faraone e la potenza del suo apparato. Proprio di queste leve si doveva essere servita Tiye, per convincere i congiurati ad unirsi alla propria causa, e tentare di rovesciare il Faraone per mettere al suo posto Pentaur.

Abbiamo dei dati che gli studiosi hanno riscontrato analizzando la mummia di Ramses III, che ci hanno fornito interessanti informazioni sullo svolgimento della congiura stessa, e del suo epilogo.

Prima di tutto sappiamo che l'alluce sinistro del Faraone era stato reciso con un colpo di scure, e poiché non vi è alcuna traccia di ricrescita ossea, possiamo dedurre che fu proprio poco prima della sua morte, che egli subì questa menomazione, e non magari in una battaglia anni prima.

Da questo possiamo con certezza dedurne che  la congiura scoppiò con estrema violenza, con molti sicari che si avventarono contemporaneamente sul Re, ma che probabilmente si dovettero scontrare con le sue guardie del corpo.

Questo perché l'unica altra ferita trovata sul corpo di Ramses III, e che fu quella mortale, fu trovata non molto tempo fa dagli archeologi, che avevano notato un particolare spessore delle bende di mummificazione attorno al collo del sovrano.

Da una successiva analisi attraverso una tomografia computerizzata, gli studiosi hanno scoperto che Ramses III era stato pugnalato alla gola da dietro, con un colpo che ne aveva attraversato la spina dorsale e aveva tagliato la trachea, l'esofago, e i vasi sanguigni del collo.

Da questi dati ci possiamo prefigurare uno scenario che vede i congiurati attaccare il Faraone, che sfugge ad un primo assalto con l'ascia, ricevendo però una ferita al piede con l'asportazione dell'alluce.

Poi, i primi assalitori devono essere stati incalzati dalle guardie del corpo, in un terribile e caotico combattimento, poiché Ramses III non ha altre ferite di scure.

Ma proprio in quel frangente di attimi concitati e confusi, qualcuno, forse lo stesso Pentaur, lo ha sorpreso da dietro, infliggendogli la pugnalata fatale.

La congiura, che aveva centrato l'obbiettivo primario di eliminare il Re, però fallì, poiché, probabilmente anche grazie alla sua stessa realizzazione con estrema violenza, che però era stata accompagnata da tanta confusione, non riuscì a portare a termine il secondo ma altrettanto importante obbiettivo, ovvero l'assassinio dell'erede al trono.

Sappiamo che Ramses IV reagì con prontezza e determinazione, radunando un pugno di fedelissimi e riuscendo così a catturare e imprigionare i congiurati, con estrema efficacia.

Ma troviamo del torbido anche nelle seguenti fasi del processo.

Avendo assunto il comando come era suo diritto, Ramses IV nominò subito dodici giudici, tra cui due erano alti dignitari della ''Casa Bianca'' (il Tesoro) ed altri dieci dei funzionari di rango più basso.

Però lo scandalo scoppiò proprio durante il processo, mettendo in estremo imbarazzo il nuovo Faraone.

Cinque dei giudici, che Ramses IV aveva nominato, furono sorpresi nel pieno di uno sfrenato festino con le sei concubine reali incriminate, rendendo così palese che erano stati corrotti, probabilmente come ultimo tentativo della Regina Tìye di rovesciare le sorti del processo. Uno di essi fu messo a morte, tre furono puniti con il taglio del naso e delle orecchie, mentre un quinto fu perdonato.

Come ultima ciliegina sulla torta di questi tragici e oscuri avvenimenti, abbiamo il ritrovamento di una mummia che viene attribuita proprio al figlio sacrilego, Pentaur.

Questa salma è stata mummificata di tutta fretta, senza asportare né il cervello, né le interiora, ed avvolta in una pelle di capra, che era ritenuta una cosa deplorevole, e messa in una sarcofago di fortuna, riadattato in fretta per contenere quel corpo.

Inoltre, la mummia presenta la bocca aperta ed un'espressione di orrore, tanto da essere definita la ''mummia spaventosa''.  Per di più ad avvallare l'ipotesi che si tratti del figlio di Tiye, gli archeologi hanno notato come i polsi e le caviglie siano stati legati dalle bende tanto strettamente da lasciare profonde tracce, come se si trattasse di una legatura degli arti di un prigioniero. Come ultima ma forse più significativa prova, c'è anche la corrispondenza delle analisi genetiche tra la mummia in questione e i resti di Ramses III.

Per quanto riguarda la Regina Tiye, non sappiamo nulla della sua fine, ma come per suo figlio, abbiamo il riscontro che la sua memoria fosse stata cancellata, con l'asportazione di qualsiasi simbolo e riferimento dalle decorazione del suo mausoleo, e la memoria della sua esistenza ci è arrivata solo tramite lo stesso ''Papiro della rivolta dell'harem''.

by Christian Biasi