Scrivere che passione

Founder Junior

Giornalista: sempre meglio che lavorare?

06/12/2018, 14:17

Del mio percorso di studi per diventare giornalista (un Master biennale organizzato dall’Università di Bari in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti di Puglia) ricordo ancora un’affermazione forse irriverente, ma estremamente veritiera, che qualche professore ci ripeteva spesso. “Fare il giornalista? Sempre meglio che lavorare”, (cit. Luigi Barzini), cui seguiva una sfilza di raccomandazioni per non rischiare di sudare gratis nelle redazioni senza alcuna tutela lavorativa.

Giornalisti ieri e oggi

Purtroppo, da tempo ormai (forse dai primi anni Settanta, quando in Italia la professione del giornalista era tra le più ambite dagli studenti), c’è sempre stato chi, pur di fare la c.d. “gavetta” nella professione ed essere poi assunto, era disposto a lavorare anche per dieci ore in una polverosa redazione.Arrivare a essere pagati per una cosa che si farebbe anche gratis per certi versi è il massimo della fortuna nella vita. Il fascino del mestiere di giornalista colpiva in modo trasversale giovani appassionati di politica, studenti di lettere e divoratori di libri di storia. Quello di giornalista è sempre stato un mestiere impegnativo (per via degli orari notturni estenuanti, visto che nelle redazioni di carta stampata si lavora di notte per preparare e mandare in stampa il giornale del mattino dopo, ed anche rischioso. Basti pensare agli inviati nei paesi di guerra, e al loro stipendio (più indennità di rischio) davvero ridicolo. E se poi ci aggiungiamo anche i rischi legati alla privacy (oggi che le norme sono diventate più restrittive), i giornalisti possono incappare spesso in denunce per lesioni della privacy, diffamazione, ecc.  

Giornalisti in Italia 

In Italia dal 1925 esiste l’Albo dei Giornalisti, e con la legge 69 del 3.2.1963 è stato creato l’Ordine dei Giornalisti. L’Albo professionale si divide in due elenchi, uno per i giornalisti professionisti, ovvero coloro che fanno i giornalisti “in modo esclusivo e continuativo”, l’altro per i giornalisti pubblicisti, che oltre all’attività giornalistica possono fare anche altro.  La cosa strana che distingue l’Ordine dei Giornalisti  da tutti gli altri Ordini professionali è che per iscriversi uno deve aver già svolto la professione in base a un contratto e a una retribuzione, e non viceversa.  Se uno non è assunto da una testata con contratto da praticante, in base al quale deve aver lavorato per due anni, non può dare l’esame per l’esercizio della professione. Analogamente, non può iscriversi all’albo dei giornalisti pubblicisti chi non può comprovare, ricevute alla mano, di essere stato retribuito per articoli pubblicati, da una testata registrata in tribunale,  continuativamente nel corso di due anni. Quindi chi è giornalista lo decidono gli editori e i proprietari dei media. Cosa dire a chi volesse intraprendere oggi questo mestiere? Innanzitutto che non esiste minimo sindacale, sparito come per tutte le professioni con il decreto-liberalizzazioni di Bersani del 2006. Così i grandi giornali si permettono di pagare anche solo 3 euro a pezzo. Lordi. La “paga” vera infatti consiste nella possibilità di farsi un nome. Meno importanti sono i giornali, più devono pagare chi gli scrive i pezzi. La battuta di Barzini quindi non basta più. Chi vuole fare oggi il giornalista cominci a trovarsi (seriamente) un altro mestiere. Poi, a tempo perso, può dilettarsi anche a fare il giornalista, ben sapendo (e non me ne vogliano i signori giornalai) che guadagnerà meno di loro.  

3