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Benessere Animale - da applicare anche alle api?

2019-09-25 07:36:11

Il dibattito sul tema è aperto ora più che mai: il concetto di "animal welfare" si applica oggi ad animali da reddito (cosidetto bestiame, "livestock") ed animali da compagnia ("pets"). E' forse una visione troppo ristretta che merita di essere estesa?

Animal Welfare 2.0

Può essere opportuno estendere il concetto ad api (ed altri insetti)?

La norma Europea sul Benessere Animale (98/58/CE) si applica al “bestiame” negli allevamenti (‘livestock’); altre normative disciplinano gli standard di benessere durante il trasporto e la macellazione. Inoltre, la legge inquadra anche gli animali da sperimentazione e gli animali selvatici ospiti negli zoo. 

Di Benessere Animale (Animal Welfare) si occupa anche l’ OIE, Organizzazione Mondiale per la Salute Animale, responsabile anche di definire degli “standard” in materia su richiesta dei vari Stati membri.

Dal 2017 l’OIE adotta la strategia “Global Animal Welfare” , ovvero una visione olistica dei sistemi di allevamento, interconnessa con il concetto di “One Health”: la salute dell’uomo e degli animali sono tra loro interconnesse, essendo entrambe legate alla salute dell’ecosistema in cui esistono”.

Il Benessere è un concetto multidisciplinare, con risvolti che spaziano dall’etica, all’economia, alle tradizioni, alla religione, ed altri ambiti ancora. Analogamente il Benessere Animale non riguarda solo la “salute” propriamente detta, intesa come “assenza di patologie”! Al “benessere” si giunge soddisfando queste “cinque libertà”

  • Libertà da fame, sete e malnutrizione
  • Libertà da paura e disagio
  • Libertà da stress e sconforto fisico
  • Libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie.
  • Libertà di manifestare comportamenti specie-specifici

Le api sono da considerarsi “bestiame” o sono animali “selvatici”? O forse “domestici”? E’ indubbio che le api svolgono un servizio ‘ecosistemico’ garantendo l’impollinazione di innumerevoli specie vegetali (quindi indispensabili nel “One Health”); è vero che volano libere e si cibano di ciò che vogliono, pertanto potremmo considerarle “selvatiche”. E’ altrettanto ovvio che le api oggi sono allevate, in “arnie razionali” densamente disposte a costituire un “apiario” per ottenere prodotti (miele, cera, polline…) e servizi (impollinazione di colture a scopo alimentare, tessile…) utili all’uomo: pertanto inquadrandole da questa prospettiva è corretto considerarle “bestiame”. E’ meno evidente l’uso che si fa delle api come animali “domestici”, da affezione: ad esempio le api vengono utilizzate per meditazione, ‘pet terapy’ contro stati d’ansia e depressione, o anche per arredare una parete con un quadro “vivo”.

Senza trascurare l’importanza “selvatica” (a mio avviso prioritaria poiché garantisce un bene collettivo, la biodiversità ambientale!) e “domestica” delle api, vorrei considerare l’utilizzo più frequente delle api come “bestiame”, ovvero animali da reddito.

Una doverosa specifica: per estendere il concetto di Benessere Animale all’apicoltura, dimentichiamo il benessere “individuale” ragioniamo in termini di “superorganismo”: ogni alveare infatti funziona come tale, le singole api sono equiparabili alle cellule del nostro organismo, ognuna con una funzione specifica. L’alveare è il nostro “capo di bestiame”, non la singola ape.

E’ pensabile di definire standard di allevamento rispettosi delle “cinque libertà”? E’ opportuno suggerire linee guida agli apicoltori per il Benessere Animale, così come viene richiesto agli allevatori di ovini e suini? Premetto che molti apicoltori che conosco amano a tal punto le proprie api, da mettere il reddito aziendale in secondo piano. Esistono tuttavia aziende dove i ragionamenti vengono fatti in termini di “efficienza”, senza tenere conto di aspetti etici, ambientali o sociali.

Al lato pratico, è verosimile chiedere alle aziende apistiche di distanziare maggiormente le arnie all’interno di un apiario per ridurre il rischio di trasmissione di patogeni? Possiamo imporre dei limiti sulla “densità apistica” di un ambiente, in funzione delle risorse nutritive disponibili? Dovremo forse lasciare sciamare liberamente le api (comportamento specie-specifico innato), ed impedire loro di crescere fino a dimensioni innaturali? Dovremmo curare le api unicamente con sostanze naturali? Evitare le monocolture forse, per fornire alle api una dieta più diversa e bilanciata ed al contempo stare alla larga dai prodotti chimici usati in agricoltura? Essere più accorti rispetto a dove posizioniamo gli alveari, garantendo ombra, cibo, riparo e tutto ciò di cui le api hanno bisogno?

Non so… sono confuso: non credo sarà facile trovare uno “standard” che accontenti tutti, ma al tempo stesso credo sia doveroso affrontare il tema, anche perché le api possono in questo caso “fare giurisprudenza”! Non sono di certo gli unici invertebrati allevati dall’uomo a fini produttivi: il baco da seta è noto ai più… ma in prospettiva futura (nemmeno tanto) saranno sempre di più le specie di invertebrati allevate, sia per i loro prodotti (dagli invertebrati si ottengono proteine di elevata qualità e a basso “costo ambientale”) che per i loro servizi (smaltimento rifiuti, dispersione molecole in agricoltura). E voi? Pensate sia giusto o superfluo discuterne? Avete idee più chiare delle mie in merito?