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Apimondia2019 - L' apicoltura naturale di Tom Seeley

2019-09-21 15:45:22

Il "keynote speaker" più atteso del 46° congresso Apimondia, appena concluso? Certamente Tom Seeley! Noto per i suoi studi sulle colonie selvatiche di api e per aver provato nel corso degli anni che la popolazione della foresta di Arnot, ha presentato la sua "ricetta" per una apicoltura naturale.

"Darwinian Beekeeping" 

La ricetta per l' apicoltura naturale di Tom Seeley


Ultimo giorno di Apimondia, dopo una maratona estenuante, oltre 1000 persone trovano le forze per essere presenti alle 8.30 di mattina alla "plenary lecture" del Prof.Tom Seeley. Attento osservatore della vita sociale delle api, vero e proprio "guru" per molti apicoltori negli USA (e ora nel mondo, grazie alla traduzione del suo libro "La democrazia delle api") propone un nuovo approccio all'apicoltura che lui definisce "Darwinian Beekeeping", implicando che sarebbe il tipo di apicoltura che il celebre evoluzionista Charles Darwin avrebbe gradito.


L'introduzione è chiara: la "Darwinian Beekeeping" non è per tutti! Astenersi dal praticarla se avete ambizioni su larga scala. Se avete volontà di trarre profitto da questa attività, non fa per voi. Se abitate in un contesto urbano o di agricoltura intensiva, lasciate perdere. Questa modalità di gestione è imperniata sull'assecondare il volere delle api (anche definita "Apicentric beekeping") e non l'interesse dell'apicoltore, in quanto "le api sono il migliore apicoltore".


Se vi accontentate di accudire pochi alveari, di modesti raccolti di miele e siete in un contesto rurale o ancor meglio naturale, allora potete provarci! 


La differenza tra "Darwinian Beekeeping" e l'apicoltura convenzionale è la medesima che insiste tra praticare Bird Watching o allevare polli. Il fine ultimo è la ricerca del piacere, e non del profitto.


Questo in estrema sintesi. Entrando un po' più nel dettaglio, la scelta di dove posizionare i propri alveari dovrebbe quindi contemplare solo ambienti in cui le api vivrebbero spontaneamente.. cosa non facile a farsi, visto che tra problemi di patologie, mancanza di "pascolo" o di siti dove nidificare, è molto raro incontrare alveari selvatici! Il modello di alveare da utilizzare è di ridotte dimensioni rispetto agli alveari convenzionali, con una stretta apertura nella parte inferiore ed il loro interno vuole ruvido in quanto più facilmente le api lo rivestiranno di propoli (resina con proprietà antimicrobiche che al contempo impermeabilizza il nido); i diversi alveari vanno disposti in modo disperso e distanziato nell'ambiente ad evitare la trasmissione di patogeni e parassiti e sospesi ad oltre 3 metri dal terreno per un miglior irraggiamento e protezione da predatori; le api con cui vorreste popolare questi alveari, idealmente devono essere api adattate al vostro ambiente, non api acquistate a migliaia di chilometri; nella gestione "Darwiniana" è necessario limitare al minimo gli spostamenti (di alveari o di favi all'interno del nido), per non interferire con l'orientamento e l'organizzazione sociale. Non va controllata la sciamatura (una delle due modalità con cui le api trasmettono il proprio materiale genetico, ovvero, si moltiplicano); analogamente anche la costruzione di favi "da maschio" va assecondata (la dispersione dei fuchi nell'ambiente sono l'altra modalità di riproduzione) sono da evitarsi nutrizioni e trattamenti contro le patologie, per favorire la selezione naturale all'interno della popolazione. Quest'ultimo aspetto, non trattare per le patologie, in particolare non trattare contro la varroa, può creare qualche grattacapo: colonie "suscettibili" potrebbero facilmente divenire "bombe" pronte a trasferire gli acari ad altre colonie al momento del collasso. Pertanto il bravo "Darwinian beekeeper" deve monitorare periodicamente l'infestazione, ed essere pronto a sopprimere una singola colonia per il bene dell'apiario (popolazione). 


Una cosa che ho appreso nel mio lavoro è che l'apicoltura ha innumerevoli declinazioni: queste possono essere legate alle tradizioni dei diversi Paesi dove è praticata o dalle aspettative che ciascun individuo matura quando intreccia un rapporto con le api. Tutto ciò può anche essere mutevole nel tempo, con più la conoscenza reciproca uomo/alveare si fa profonda. Tuttavia ciò che ho capito, è che ogni declinazione dell'apicoltura merita rispetto, e con rispetto ho ascoltato la ricetta del Prof. Seeley, che ha senza dubbio arricchito la mia conoscenza. Ho anche maturato una mia opinione in merito, che non condividerò con voi.


Per stimolare la vostra personale prospettiva dell'apicoltura, mi diverte giocare a fare l'avvocato del diavolo e concludo con alcune domande aperte su quanto sopra esposto:

1) siamo certi che Darwin avrebbe desiderato questo tipo di apicoltura?

2) ha senso parlare di "evoluzione" in luoghi (quali le Americhe o l'Oceania) dove le api non sono native, bensì importate dall'uomo?

3) l'apicoltore (beeKEEPer) per definizione tiene le api: è giusto arrivare a sopprimere una colonia?

4) se oggi non troviamo ambienti ricchi di api selvatiche, come possiamo trovare il luogo giusto? non è forse prioritario concentrarsi sul ripristinare ambienti idonei?