LUISA SCARPINI

LA CORSICA....terra meravigliosa...mare unico....gente umile....qui sono a casa

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LUISA SCARPINI

Il moro guarda sempre al suo fianco, trovando immancabilmente qualcuno accanto a lui: l’orizzonte rimane un miraggio, ostacolato da un’alternarsi di presenze. È la storia corsa che si dispiega, tra scontri e dominazioni, costruttive o catastrofiche che siano. Da Bastia a Bonifacio la ricerca dell’indipendenza si assopisce nei mesi estivi: come Narciso, la Corsica si guarda allo specchio, rinnovando la propria consapevolezza di possedere una bellezza accecante. E il desiderio di metterla in mostra. La strada che da L’Ile Rousse porta a Corte si snoda veloce lasciandosi alle spalle l’alto Mar Tirreno, accarezzando il Deserto degli Agriatès e puntando con fermezza verso l’entroterra dell’isola ventosa. La macchia, bruciata dal caldo, lascia spazio al verde della vegetazione, le automobili si diradano e si scorgono i primi monti, stretti compagni dei fiumi Tavignano e Restonica: eccoci a Corte, gioiello ribelle e selvaggio. La fortezza, l’Università, gli omaggi a Pasquale Paoli, le scritte in francese cancellate per far spazio a quelle corse, i muri ricoperti da slogan indipendentisti: un soffio selvaggio incastonato a cinquecento metri d’altezza, sinonimo di ricerca di bellezza e libertà. Chapeau Corte, ci hai sedotto. La Valle della Restonica è ora pronta per abbracciarci: selvaggia e diffidente cerca di scoraggiare il visitatore offrendo una quindicina di chilometri di strette curve a strapiombo. Ciò non basta, se l’ascesa è accompagnata da uno splendido paesaggio e dal desiderio di toccare con mano tanta bellezza. Il Lagu di Melu (1.700 metri d’altezza), raggiungibile con poco più di un’ora di cammino, realizza tale aspirazione: chi non è sazio sarà ripagato dal Lagu di Capitello, posto a 1.900 metri. Scendendo si abbandona la purezza dell’entroterra, incontrando Ajaccio, fiero capoluogo di regione e aspirante capitale. La città non ha dubbi, dà il meglio offrendo il suo lato mondano, tra dehors del porto e la splendida route de Sanguinaires, lingua litoranea che si apre verso sud, costellata da spiagge tanto piccole quanto graziose e da locali e ristoranti in riva al mare. Lo sguardo si riempie degli isolotti che danno il nome alla strada: le Ilés Sanguinaires delimitano il Golfo di Ajaccio, perfettamente ammirabili da Pointe de la Parata, dove al tramonto regalano suggestive sfumature rossastre. La discesa verso la Corse du Sud è carica di attesa. L’Haute Corse ci ha dato tanto, Ajaccio ci ha divertito e disteso, cosa dovrà inventarsi la leggendaria Bonifacio per prendersi cura di noi? Probabilmente nulla, ben equipaggiata per lasciare a bocca aperta gli ospiti più esigenti. Bonifacio è un sogno, da cui è difficile svegliarsi: un’ora di pioggia e grosse nuvole che lambiscono il promontorio, rendono ancora più unico lo spettacolo messo in scena ogni giorno. Il Faro di Pertusato è un baluardo nella nebbia, le falesie gonfiano il petto contro vento e pioggia, sembrano vacillare, ma sorreggono il peso di un’identità centenaria. Le imbarcazioni dicono arrivederci al mare, il forte blu spaventa, il bianco dell’onda scoraggia i temerari, la cupola grigia fa il resto: attesa e silenzio compiono l’opera. Dove ci troviamo? Il vento ci riporta alla realtà, scoperchiando il velo e restituendo la luce, ridando energia alla città sospesa. L’Escalier du Roi d’Aragon, il camminamento di guardia, l’insenatura di Tre Punti e Petit Sperone sono gemme da gustare con calma. L’ultimo pensiero va a Lavezzi: miraggio inflazionato, affollato e caotico. Da evitare? Sarebbe un peccato mortale. Spendete del tempo per cercare il giusto anfratto, adatto per godere l’acqua cristallina, affollata di timidi pesci a loro agio. Il giro dell’isola è una scoperta costante, l’Ile Cavallo è un passo, proprio un attimo prima di guardare la Sardegna negli occhi. Chissà se l’equipaggio della Semillante avrà avuto tempo di farlo, prima di essere inghiottito e dire addio al mondo, prima di raggiungere l’inferno proprio in quest’angolo di paradiso.

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LUISA SCARPINI

IL CUORE LIMPIDO DELLA MONTAGNA L'uomo della pianura quassù cerca il tempo passato e la sua identità. La purezza è rimasta intatta nelle pieghe remote del volto della montagna. Il cuore della montagna aveva un battito profondo come il cuore del montanaro battevano in accordo, come ali di farfalla. L'alba richiama zampilli d'acqua, dai ruscelli nascosti nell'intrigo dei pini rovescia zaffate di luce sulle vecchie lose cementate dalle lente stagioni. La luce del giorno scopre un muro, una porta cigolante. Da quella porta un tempo correva lo sguardo sull'arco immenso che la valle aprendosi al cielo lasciava scoprire. Oltre il manto dei boschi volavano, nubi, farfalle, fagiani di monte. Dietro quella porta si intravvede controluce un tavolino massiccio di noce con il cesto del pane raffermo, pane scuro di segala. Una ciotola vuota, latte raggrumato, mezza candela spenta E. Dulevant

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