Giovanni FlorisGIOVEDI
…dove la morte fa baldoria, la vita è in festa
E’ una di quelle giornate illeggibili, di quelle che sono loro a prenderti per mano, quelle dove all’improvviso ti vengono in mente cose delle quali avevi perso completamente le tracce. Mentre pensi ad altro, basta solo che lo sguardo si soffermi su una cosa e il meccanismo scatta, per esempio passi davanti al mare e via… il cervello cattura tanti ricordi: le vacanze da bambino con i genitori, uscite in barca, amori estivi, la prima volta che hai nuotato, i pesci e via… via… via va fino alla seconda coincidenza che barbaramente si aggrappa alla prima e si mescola. Vedo un cartello stradale, di quelli inutili, esso recita: “ Tutte le direzioni”. Figurarsi! Il pensiero galoppa e ricorda quante volte e dove ho visto questo cartello: a ROMA, a MILANO, ad ASSISI. La memoria centrifuga i concetti, ed è così che al mare, agli amori estivi, alle gite con i genitori, si aggrappano, come cavalli di troia, i momenti passati nelle suddette città, e con chi ero, cosa facevo, cosa mangiavo, cosa avevo comperato, perfino che ora era in certe situazioni ritorna alla mente, e per di più con estrema precisione. Sono sul ponte della sopraelevata, il traffico scorre come una fotocopia. È l’immagine dell’ abitudine, anche non guardando l’ora si potrebbe dire dove vanno tutti e perché…. Oggi sono vittima dei pensieri. Sotto questo arancione tutt’attorno che si spezza, il cielo sopra di me intanto naturalmente scurisce, fino a far sopraggiungere la sera, che camuffa il forte temporale che sta arrivando. L’odore, che anticipa la pioggia, entra dal mio finestrino aperto come presagio. A sorpresa un fulmine centra virtualmente il mio lunotto, è il preludio della danza fatta delle note d’acqua. Le gocce iniziano a suonare, scrivere e disegnare sulla carrozzeria dell’auto, per terra, nelle pozzanghere, sulle pensiline abusive, sui tetti, sugli ombrelli di quelli che non hanno creduto al mattino soleggiato e sono usciti di casa bardati dello scudo per la pioggia come accessorio, tipico del non si sa mai. Il concerto di tanto in tanto è rafforzato dai timpani celesti, tuoni maestosi che danno il tempo in levare al tempo-rale e dalla sopraggiunta grandine che segna il battere. Il traffico rallenta all’arrivo della grandine che esegue un poderoso assolo. La gente riflette e si domanda domande inutili. Basta poco per spezzare il comune significato naturale delle cose: alcuni, i più ansiosi, tendono ad invertire la marcia frastornati; altri sbigottiti accendono una sigaretta come a voler scacciare il demone scaramanticamente; altri ancora impotenti aspettano che lo spettacolo finisca; io guardo fuori e penso a questo GIOVEDI. Iovis dies, il giorno di GIOVE, giorno di riposo pomeridiano delle botteghe e, per chi li fa ancora, dei fatidici gnocchi fatti in casa come quelli di mia madre, ma soprattutto giorno del RE del cielo, della divinità suprema alla quale non siamo abituati a pensare, tantomeno a credere. Tuttavia c’è un viaggio che puoi compiere ogni giorno, dal passato all’altrove, fatto di segni e di segnali. IO….DA BAMBINO QUANDO VEDEVO LA NONNA O LA MAMMA FARE GLI GNOCCHI MI DOMANDAVO COSA PROVASSE IL MATTARELO AD ESSERE CONTINUAMENTE ROTOLATO AVANTI E IN DIETRO, O IL TAVOLO SUL QUALE PRIMA VENIVA SBATTUTO L’IMPASTO, POI STESA LA PASTA… SENTIVO LE VOCI DELLE FARINE DISCUTERE LA LORO FINE DENTRO LA MADIA. PASSAVO ORE AD IMMAGINARE I LORO DIALOGHI…ogni GIOVEDI.