Gattina Ottanta

Lui è Diego. Nasce a Genova nel 2012. È un bambino buono, gioioso. È il primo maggio del 2015. Diego si sveglia urlando. Ha un dolore fortissimo alla gamba e al fianco destro. Scotta. Sua mamma gli tocca la fronte. Ha la febbre alta, vomita. Il pediatra consiglia di correre in ospedale, potrebbe essere appendicite. La sala d’attesa è vuota, Diego viene visitato subito. Sua mamma riferisce alla dottoressa le parole del pediatra, ma lei non è convinta, gli controlla le orecchie e lo dimette. Trattasi di gastroenterite, non ci sono dubbi. Non è il caso di allarmarsi per un semplice mal di pancia. Passa un giorno. Diego peggiora. La febbre si alza. Sul fianco destro ha un grosso rigonfiamento. La mamma si allarma, chiama la guardia medica. Elenca i sintomi. Le dicono di correre in ospedale, per loro è appendicite. Diego torna al pronto soccorso. I genitori chiedono spiegazioni. Cos’ha loro figlio? Un medico pronuncia addirittura la parola tumore. I genitori sono increduli. Passano la notte a piangere. È mattina. Nella stanza di Diego entra un chirurgo. Gli tasta il fianco. Chiede di vedere le analisi del sangue. Non ci sono. Nessuno in quei giorni gliele ha prescritte. Il chirurgo gli tocca la fronte, è bollente. Lo prende in braccio e lo porta a fare un’ecografia, poi subito in sala operatoria. Passano 5 ore. Diego sta bene, ma l’hanno preso per un pelo. Aveva l’appendicite. Non è stata curata, è andata in necrosi ed è esplosa. Per salvarlo gli hanno dovuto togliere 7 centimetri di intestino. Ma non è finita. Ha preso un’infezione, dovrà restare in ospedale. Il medico vuole sapere perché non è stato curato subito. I genitori sono esausti. Nessuno li ha ascoltati. L’uomo è imbarazzato. Passa un mese. Diego torna a casa. La direzione sanitaria dell’ospedale si scusa, ma i genitori non vogliono più saperne. L’importante è che loro figlio stia bene. Dovrà sottoporsi a controlli costanti, ma è un bambino forte, ha scoperto la passione per il rally e non lo ferma più nessuno.