Eliano Scapozza

Founder President

L'Assedio, un breve scorcio sul mio racconto

2019-06-11 15:01:20

Vediamo che ne pensate della prima parte del mio scritto, sono gradite critiche costruttive, calcolate che sono agli inizi e il racconto è volutamente vago su chi, dove, come e perché.

L'assedio

Il Cavaliere appoggio la spada sanguinante al muro e si sedette a terra stremato, anche l’ultimo assalitore era stato sconfitto e il castello e i suoi occupanti erano per il momento salvi.


Era stato uno scontro duro, senza esclusione di colpi e con molte vittime, sia per i difensori ma soprattutto per gli assedianti, che, visti gli infruttuosi tentativi di abbattere le mura con l’artiglieria avevano sferrato  un attacco frontale, lasciando innumerevoli uomini a giacere per sempre nell’erba oramai rossa dal sangue versato.


Il momento più critico era stato quando avevano conquistato il cancello, riuscendo quasi ad aprirlo per far entrare il grosso delle truppe, che avrebbero avuto il vantaggio numerico per sopraffare i difensori.

L’eroica difesa del cavaliere e dei suoi compari aveva scongiurato il pericolo, pur pagando un prezzo altissimo di vite erano riusciti a riconquistarlo e a far fuggire il nemico oltre le mura.


Il pericolo però non era finito, appena l’ultimo degli assalitori fu a distanza di sicurezza le catapulte ricominciarono a lanciare i loro grossi proiettili di pietra, cercando di creare delle brecce in cui poter attaccare.


Dopo aver ripreso fiato il cavaliere organizzò i turni di guardia, andò dal fabbro per far riparare la lama della sua spada dai colpi subiti e si diresse in infermeria a controllare i feriti.


Qui scoprì con sgomento che il suo scudiero era perito per una brutta ferita causata da una freccia presa in mezzo al petto.


Il numero dei difensori del castello si era assottigliato parecchio, e pure molti dei sopravvissuti non erano più in grado di combattere a causa delle lesioni subite.


La situazione era disperata, pur avendo respinto il nemico avevano terminato le frecce per gli arcieri  e non c’erano abbastanza uomini per difendersi da un ulteriore assalto.


La gente rifugiatasi nel castello in cerca di salvezza era ora intrappolata senza vie di fuga e pregava per la propria vita.

Il castello faceva parte di una piccola e pacifica cittadina di pescatori, ed era stato eretto solo per difendersi dalle frequenti razzie giunte dal mare ad opera di predoni e pirati, ma questa volta non si trattava di comuni tagliagole ma di un esercito ben addestrato e ben rifornito.


Non si conoscevano i motivi dell’assalto e nemmeno l’identità degli assedianti, ma il furore messo in campo nell’assalto lasciava poche speranze di clemenza se essi fossero riusciti ad entrarvi.


Il cavaliere radunò i pochi uomini rimasti e cominciò a spiegare i piani per la difesa, dovevano impedire a tutti i costi di permettere al nemico di superare le mura, altrimenti non avrebbero avuto scampo, ma l’esiguo numero di soldati  sarebbe bastato a malapena a coprire l’intero perimetro difensivo.


Decisero quindi per una sortita notturna per tentare di distruggere le catapulte, un piano di certo azzardato e rischioso, ma se esse avessero fatto breccia nelle mura allora non ci sarebbe più stato scampo.


Non appena la luna tramontò dieci volontari si fecero calare dalle mura e si incamminarono verso i fuochi del campo nemico svanendo presto nelle tenebre.


Nel castello il cavaliere era in trepidante attesa, avrebbe voluto andare con loro ma lo convinsero che in quanto responsabile della difesa la sua sorte non doveva essere messa a repentaglio oltremodo.


Il tempo passava, e oltre al suono del timido ruscello che scorreva verso il mare non si sentiva altro, rendendo nervosi  i   difensori per l’esito della sortita.


All’improvviso si levarono delle alte fiamme dal campo nemico, una catapulta era stata incendiata e si cominciarono a sentire grida di allarme, segui un breve e intenso rumori di scontri e poi il silenzio tornò a farla da padrone.


La catapulta incendiata ardeva nella notte, ma le altre erano rimaste intatte, la sortita non aveva raggiunto lo scopo e dei coraggiosi uomini che avevano guidato l’incursione non si seppe più nulla fino al mattino.

Quando l’alba rischiarò il terreno, si poterono scorgere dieci croci erette nel terreno, e su ognuna di esse era inchiodato un corpo decapitato.


Le teste furono lanciate oltre le mura usando le catapulte, azzerando il morale già precario dei difensori, e i lanci di pietra riebbero inizio.


All’interno del castello la disperazione si diffuse a vista d’occhio, il panico dilagava e quando una parte del muro crollò sotto i colpi subiti le madri uccisero i propri bambini e si suicidarono onde evitare un destino peggiore.


I pochi uomini rimasti si misero in formazione dietro alla breccia, e pur consapevoli che non avrebbero retto a lungo si prepararono a vender cara la propria pelle.


Il cavaliere spronava come poteva i suoi uomini, nel tentativo di rinsaldare quel poco coraggio rimasto, ma quando il nemico attaccò lo schieramento difensivo venne penetrato come un coltello nel burro e in poco tempo tutto fini.

                                                                    

Qualche settimana dopo il fratello del cavaliere arrivò alla cittadina, ma trovo solo case bruciate e il castello in rovina.


Cercò a lungo suo fratello ma tra i cadaveri mezzi mangiati dai corvi non ne trovò traccia.


Prese allora la strada verso casa, intenzionato a radunare un armata per poter cercar vendetta.

E qui inizia la nostra storia…