Non definirmi: sto cambiando
Le grandi manovre
Ci sono momenti in cui la vita manda segnali e si può scegliere di seguire il flusso
Mi ritrovo in uno di quei momenti in cui il mio potere decisionale è limitato.
Dopo venticinque anni i proprietari della casetta che ho in affitto in campagna hanno deciso di venderla. Acquistarla è fuori discussione: costa troppo e deve essere completamente ristrutturata. Si tratta di un impegno economico decisamente fuori dalla mia portata. La decisione era nell’aria da due anni, con tira e molla tra madre e figlio proprietari della casa e conseguenti avvertimenti o rassicurazioni a noi inquilini. Ha vinto il figlio.
Ora si tratta di smontare una casa. Ho scelto, e questa sì è la mia scelta, di non cercare affannosamente e improvvisamente un affitto alternativo. Quindi: eliminare il superfluo, regalare il non necessario, mobili in deposito, e tutto ciò che ne consegue.
Avevo altri progetti per questo periodo: più o meno tutti accantonati o messi in secondo piano.
Perché lo racconto?
Perché questa è una di quelle situazioni in cui si potrebbe affermare il fatidico “non ho alternative”: la frase più triste che si possa pensare.
E dal “non ho alternative” alla depressione il passo è breve, soprattutto in un momento in cui, chi più chi meno, siamo psicologicamente provati dalla pandemia.
Le possibili soluzioni sono sempre più numerose dei problemi e le alternative ci sono, sempre.
Anche se alcune opzioni possono sembrare assurde, sono lì, e se nessuno, nella storia dell’umanità, avesse perseguito idee apparentemente assurde condurremmo ancora la stessa vita di migliaia di anni fa.
Il messaggio che mi è arrivato attraverso la telefonata che annunciava la decisione di vendere è stato quello di un cambiamento importante nella mia vita. Credo abbia un motivo, e uno scopo, anche se non ho ancora capito quale.
Ho indagato varie alternative, dall’acquisto con tanti debiti al buttare tutto il contenuto della casa alla ricerca di un affitto alternativo.
Le ho escluse e, con un pizzico di masochismo, ho scelto di fare una cernita, un oggetto alla volta, un ricordo alla volta.
È faticoso, talvolta triste, ma è anche un buon modo per pensare.
Ho rivisto i miei piano di lavoro, posticipando di alcune settimane un mucchio di cose.
Ho scelto di pensare e credere che, come è successo altre volte, la vita, o il destino, mi stiano prendendo per mano (o dando calci nel sedere) per portarmi da qualche parte.