
Founder Executive
La scelta del mio dolore, mi ha guidato inevitabilmente alla vittoria su me stesso.
Prima di uno stato di coscienza molto alto, c'è sempre qualcuno o qualcosa che ci ha fatto molto male...

Prima di uno stato di coscienza molto alto, c'è sempre qualcuno o qualcosa che ci ha fatto molto male. Ma l'importante è persistere nella pratica, e utilizzare il dolore, nonostante tutto, per avere qualcosa a cui aggrapparsi e non cadere. Cosi facendo si potranno raggiungere limiti inimmaginabili.
La religione deve esclusivamente essere una questione di vita o di morte, per superare le avversità o i malesseri interiori, inoltre è sempre meglio evitare il moralismo, il buonismo, il condizionamento dall'esterno da parte di altre persone , e soprattutto l'energia che prendiamo in prestito da qualcun altro, se possiamo fare da soli, ma dobbiamo imparare a generare energia positiva dal di dentro di noi. Alla fine quel dolore non cesserà mai, ma continuerà ad essere fonte di nutrimento per noi stessi, e per tutta la vita trasformandoci e ricreandoci:
Il fiore di loto muore e poi rinasce, mentre lo stagno, che nutre il loto, permane immutabile, sempre lì. È lo stagno la forza, non il loto, ma, al contempo, senza il loto lo stagno non avrebbe ragione d'essere. È una questione di equilibrio. E poi le rane soffrirebbero di solitudine e noia senza i dolori che sono Colori.
Inoltre è importante dire che non sono gli Stronzi che ci fanno soffrire, invero è il dolore procurato dagli Stronzi che ci fa soffrire e diventare ciò che abbiamo deciso d'essere.
Tuttavia siamo attorniati da persone che ci aiutano traslare ad un livello superiore di realtà, di pratica. Certe volte assumono la forma del Gohonzon, oppure di una pietra, e ancora altro, sono gli Angeli (anche gli Stronzi cambiano forma, forse per il loro essere materia molto plasmabile).
Ritornando agli Angeli, essi sono tutti intorno a noi, senza schemi, oltre ogni insegnamento, e soprattutto oltre ogni religione, sono Angeli che contribuiscono alla nostra evoluzione, li vediamo e ci accorgiamo di loro solo quando ci servono. Quando siamo pronti ad accoglierli.
A volte vanno via, invece, degl'altri rimangono all'interno della Soka Gakkai; ma sono ovunque e segneranno il nostro destino per sempre. E dopo aver superato qualche demone burlone nella nostra pratica evolutiva, sarà impossibile tornare indietro per noi, al vecchio stato di coscienza di prima, o al vecchio modo di percepire la pratica buddista. (Tra la mia vecchia percezione della pratica a quella nuova si sono susseguite vicende interne di forte depressione, dolori, mal di testa, il mio umore era fuori controllo, mollezza, stanchezza cronica, disperazione e perdita di fede. Il demone sconosciuto mi stava indicando la strada attraverso tutte queste mie vicende interne, la strada che stavo seguendo era veramente quella giusta). È stato un vero inferno però. Non avevo più certezze, né credenze, né teorie ero puro intuito e possedevo solo il Daimoku.
Ora che scrivo questo testo, mi sono reso conto che non so se siano più Stronzi gli Angeli, o lo siano gli Stronzi stessi, sta di fatto che l'esperienza è un'emozione e perciò cambia la vita, insomma, poi alla fine abbiamo bisogno di tutte e due le categorie; e cioè sia degli Stronzi e sia degli Angeli. Perciò posso solo dire... grazie Stronzi ... E grazie Angeli, e grazie anche alla croce di Cristo. E che possa benedire e guarire anche gli Stronzi.
Il demone sconosciuto è quella parte di noi che è sempre oscurata, che ci fa credere che le nostre credenze siano reali, e non un semplice mezzo per la redenzione, perché alla fine viviamo in un sogno e non lo sappiamo, e per modificare un sogno abbiamo bisogno di un altro sogno, creando per l'appunto una credenza, o acquisendone una in prestito. Ma se si riuscisse ad osservare anche solo per un attimo, la mente sognante, con la propria coscienza, allora si potrebbe comprendere il gioco del demone sconosciuto.
Infine vorrei ricordare questa breve storia su krishnamurti (maestro indiano): egli era attorniato da maestri non realizzati, e quando si trovò in classe da bambino con uno di questi maestri, egli per puro caso si trovò ad avere lo sguardo nel vuoto, il maestro non realizzato lo picchiò a sangue, perché non era presente a se stesso, e quella fu la svolta per krishnamurti. Quello sguardo nel vuoto divenne la sua forza, la sua pace interiore, spingendosi così in profondità trovò il suo maestro interiore, la sua centratura perfetta. La sua negazione di ogni maestro esterno. Divenne il maestro di se stesso e poi lo insegnò agli altri... perché la sua decisione fu quella di essere un non maestro.
Dario Mingione